Fabio Fognini. Un uomo dal carattere rude, altalenante, ma dal talento indiscusso e, per alcuni, sprecato, vince a Montecarlo.
Eppure ha fatto la storia, vincendo un Masters 1000. Senza speranze? Senza pretese? Senza previsioni? Eppure, ha portato a casa il Monte-Carlo Rolex Masters 2019, tenutosi nella capitale monegasca.
Il primo turno rischiava d essergli fatale, eppure una svolta che l’ha condotto senza pietà, colpo dopo colpo, ad arrestare anche la corsa di Rafa Nadal – re incontrastato di questi campi – in semifinale, culminando con la benemerita vittoria.
La Pennetta, sua moglie e prima fan, sugli spalti. Il Principe Alberto II a premiarlo. E una nutrita schiera di sostenitori e detrattori a parlarne, per giorni.
Il perché di tanto clamore sta in due particolarità. La prima, è una questione di statistiche: l’ultimo italiano ad aver vinto lo stesso campionato fu Nicola Pietrangeli, ben cinquantuno anni fa. La seconda, invece, è totalmente personale e riguarda direttamente Fabio Fognini: il suo – brutto? – carattere.
Questo tennista, non più giovanissimo per gli schemi dello sport agonistico, alterna un trascorso sportivo fatto di alti e bassi, spesso conseguenza del suo temperamento burrascoso.
Nato in Liguria, esprime già giovanissimo tutto il suo potenziale. Non mancano anche le vittorie, pur tuttavia qualcosa che lo frena e lo fa singhiozzare, c’è. Sempre.
Lo si è paragonato ad alcuni asso dello sport, calcio in primis, che hanno gettato al vento le possibilità che la natura aveva dato loro. Chi a causa degli eccessi in campo e chi fuori, o entrambi.
Un rampollo viziato, uno spreco… tanti gli appellativi, forse fin troppo forti, che Fabio si è sentito appioppare.
E se fosse proprio per quel carattere che spacca, quando spacca – e non solo le racchette -?
Forse le battute sessiste se le poteva evitare, perché un conto è un eccesso d’ira, altro è la mancanza di rispetto. Battuta per la quale ha comunque fatto ammenda, pagando una multa salata.
Fabio Fognini è l’antieroe. Quello che non chiede, né pretende di essere amato e osannato. Quello che “Il denaro non è mai stato importante nella mia vita, non gioco per i soldi”.
Se potesse, direbbe di sé: “Un tipo passionale, che viveva le cose intensamente cercando di farle al meglio, che amava il suo lavoro e se lo faceva male s’incavolava”.
Fabio Fognini sembra saper prendere coscienza delle sue azioni, il che non è da tutti. Anzi, lo stesso Pietrangeli – suo collega ben più blasonato – conoscendolo ha notato quanto il trentunenne sia invece un ragazzo d’oro, legato alla famiglia – il rapporto con la sorella è unico – e innamorato di sua moglie e del figlio.
Al netto di tutto, quindi, sembra che il giovane tennista abbia davvero iniziato a patire lo stress rientrando nei primi 100, mal celando e mal gestendo la pressione, quasi come se dovesse costantemente dimostrare qualcosa a qualcuno.
Si può tornare a parlare di caratteraccio, quindi?
Fabio non trattiene che forse i media hanno un po’ calcato la mano, senza mai nascondersi dietro a un dito. Se i giornali l’hanno “inquadrato” è perché, ammette, lui ha fornito la materia prima.
Eppure, vince.
Quando vince, lo fa con una naturalezza nonostante la “pigrizia” – come da alcuni definita – sul campo che lo rallenta. E a volte perde. “Colpa” di quell’esuberanza, gli si urla. Esuberanza mista a voglia di fare, a perfezionismo che gli si ritorce contro, incapace di modulare le emozioni. E se, viceversa, non di colpa ma di merito di dovesse parlare? Se fosse proprio quella determinazione la ragione della sua ascesa?
In fondo, gli eccessi non sconfinano mai il campo.
Fabio non è un ragazzo “sesso, droga e rock ‘n roll”.
Fabio Fognini l’asso ce l’ha nella manica. Ed è se stesso.